Allo specchio, guardandosi in
controluce, il Minotauro vede Anubi che pesa il vento e lo trova amaro come il
cuore del mondo. Tuttavia da dentro lo specchio la famelica spocchia degli antichi
non è la collera di colui che crede di sapere il peso del vento ma la tracotante
ebrezza dei veggenti, la cui vista interiore libera dalla peste del visibile la
caverna in cui rimbomba la voce segreta dell’idolo senza volto, cui le orde senza testa sacrificano tutto il niente
che gli è stato dato in sorte. Sacrificio che suona beffardo per coloro che
questo niente hanno creato dall’orecchio mozzato di Van Gogh, la cui follia, badate
bene, ha acceso le stelle di un colore giallo arancione da girasole olandese.
È una musica, credo che lo abbiate capito, assai pericolosa. Essa cambia il mondo perché cambia la mente. È una musica che traccia la parabola di un volo antico e sacro, come è sacro per il viandante nel deserto l’orcio d’acqua che reca con sé.
Qualcuno profetizza la solita
catastrofe, io ovunque posi lo sguardo scruto l’onda di un risveglio.
Qualcuna celebra un Dio che
castiga l’Uomo; io vedo l’Uomo issato sul piedistallo della Croce e ho
imparato, mio malgrado, a deplorare la sua ombra contemporaneamente inginocchiata
per venerarsi in questo riflesso. Mi capite? No, non è oracolo quel che dico ma
pura veggenza. Vi dicevo prima: vedo un risveglio laddove nella caverna l’idolo
irradia un sonno fatale e gli schiavi festeggiano perché il rumore delle loro
catene sembra improvvisamente una musica celeste. Vedo un risveglio dell’Eden,
sento il popolo tutto che invoca: Natale
sulla terra. E improvvisamente so che il Diluvio si è placato.
Leggiamo cosi nei tarocchi, nei fondi di caffe,
nella forma delle nuvole che Rimbaud è il nome di un lontano oceano senziente
su un Pianeta ai limiti del cosmo, oltre le diaboliche Colonne d’Ercole della
curiosità. Venerabile pianeta dove i visionari non fomentano croci o roghi, non
affollano manicomi ma vivono in comunione con tutti gli universi che la loro immaginazione
riesce a vedere. Utopia utopia per piccina che tu sia… direbbe il Buon Senso…
Noi non l’ascoltiamo e andiamo nell’oltre che il qui e ora ci hanno preparato.
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