giovedì 19 marzo 2020

Il giorno dopo la fine





Scrivo di te,  della tua agonia, giorno che muori, indago il tuo folle desiderio di un’alba perenne che renda liquida la tua ossessione e faccia danzare il fulcro  del cosmico buio dall’apatia fino all’entusiasmo, perché tu giorno che muori scopra,  morendo, di avere un cuore nella vuota cavità del tuo silenzio più profondo, dove solo un  dio può attingere il suo  segreto;  oh tu,  pozzo senza fondo che ci scruti, oh nostalgia dell’abisso da cui fummo scagliati, con smisurato urlo di nascita, per marcire poi nella terra, voi dite,  dopo un  breve excursus fra le ombre, voi dite,  nel nostro giro alla ruota lunare, ci siamo scavati con il sudore studioso di un’ebete fronte una fossa profonda il dito che ora ci troviamo nel dietro, voi dite,  oh buffoni senza arte e senza parte, nel copioso pianto universo noi come lacrime, oh  monadi dite, a quale solitudine cosmica  vi prostrate ora che il deserto ha eretto un santuario  nel vostro stesso cuore  dilaniato dall’umana sventura  e l’alba  perenne si è rivelata la  ferita originaria  che ora vi separa anche dalla vostra onnipotenza solitaria di sfingi senza più enigmi. In quale notte eterna specchia Narciso la fragilità della nostra eco?

 Dite,  dove viaggia ora il silenzio? Quale canto inaugura il vostro risveglio? Perché di questo si tratta,  non potete nascondere alla mia pagina il vostro sonnambulismo di orfani  oranti. Specchi ciechi per una terra buia e terribile, specchi ciechi in cui io mi vedo mentre vago nel labirinto,  in attesa di un segno che precipiti le stelle sulla terra. Oh fuoco, dove danza la tua fiamma? Quale Salomè l’odore acre del fumo rende ebbra di sangue? Fra me e questa danza cade l’ombra di Dio, decapitata.

 La testa rotola come un universo, la testa cade come un infinito universo, ed eccoci qui con in mano già il suo amletico teschio che bofonchia: “Essere o  non essere? Nessun problema. “

Nel pieno dell’esistenza dilaga il massimo pericolo, nel pieno del pericolo l’esistenza è qualcosa che merita il nostro sì indiscusso. Ovunque mi volga vedo l’abisso spargere le sue rose ma nessun cielo,  nessun dio nella sera marchiata dal viola del lutto!


               

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