sabato 21 marzo 2020

La terra dell’esilio





Fertile alfabeto di spazi e arcobaleni dentro la conchiglia in cui accade il mondo, sonoro  come il divampare di tutte le nascite, mentre il corallo di un’olimpica risata accresce  il mare delle attese nel deserto senza fretta, se si compiono tutte le apoteosi  e nessuna ipotesi su Dio tramonta, là  dove si attorce il serpente e brilla all’orizzonte un’oasi di conoscenza. Ecco che sto di nuovo tramando un culto sulle macerie di un Dio tutto casa e chiesa, vittima di questa paranoia edenica,  quando finirà il ciclo dei peccati nel sangue di Adamo? Ditemi? Quante crocifissioni, quante lapidazioni, quanti roghi,  servono per espiare l’innocenza che forgiò questo mondo vistosamente e voluttuosamente colpevole? Il serpente lo sa e cela nel suo guizzo la verità rubata alla tarantola, l’estatico piacere notturno che ha sottratto al pipistrello e si vanta come un pavone di aver corrotto Eva, insegnandole il sapere segreto e stregonesco di Lilith e di averle instillato una  domanda fatale: si Deus unde malum? Viviamo tuttora dentro l’eco di questa sconcertante domanda.
  
Ovunque mormora  la sua risposta derisoria la tarantola, ed è  nel volo del pipistrello che si condensa tutta la saggezza  che cerca una causa, un senso, un scopo... L’indovino legge la storia umana nell’ombra lasciata sulla pietra da questo volo antico.

Il serpente, dal canto suo,  cela la risposta nel veleno che infligge ai prescelti cui il caos ha tatuato nell’anima una legge casuale.

L’essere è isolato dal fato, nella terra in cui la domanda cala come una ghigliottina, Dio  parla da solo al proprio orecchio al Mercato dei simboli  e nessuno intercetta la sua incontenibile assenza. Tutto tace di un silenzio caro ai serpenti, svezzato dall’aquila, circonfuso di pietà, che la parola non scalfisce e la musica venera come suo principio immobile. Tutto ruota nella danza dello spavento sublime; se sparire è il sogno impossibile che fa ruotare la terra dell’esilio, in cui noi gustiamo una perenne evanescenza, se sparire è allora tutta la ventura delle venture, ricordiamo che l’eternità è fatta di istanti come l’oceano di gocce e torniamo illesi sulla terra della nostra origine,  se la Storia umana  è solo  l’incubo di un’ ombra che Dio proietta sul Muro del Cosmico Pianto,  allontaniamo da noi il calice amaro della Verità, se questa e la Verità, beviamo piuttosto la cicuta della Menzogna, oppure tramontiamo dentro una consapevolezza più antica di Dio, della Verità e della Menzogna e allora amen non pensiamoci più, adieu, addio, chapeau.

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