“… ignorano che Dioniso e Ade uno
sono”
Eraclito
Eraclito
Conosciamo così la ferita di
tutte le contraddizioni, dall’emorragico miele dell’assenza estraiamo anche l’oscuro
di una presenza. È Dio? Ma come ancora Lui, sotto le solite mentite spoglie di
un Esattore, un Banchiere, un signor Nessuno che esamina come un freddo Burocrate
il rendiconto di saldi e peccati, misura il nostro debito, pesa la nostra anima
alla meschina bilancia del giusto e dello sbagliato, fa funzionare il karma
come fosse il registratore di cassa nel tempio della sua stessa adorazione.
Eccolo Dio, piccolo e meschino
come coloro che lo immaginano così, lo venerano morto e lo impongono
all’umano, un Mercante cosmico che agita
l’inferno per placare il desiderio infinito dell’anima. Un Dio tutto casa e
chiesa e
fosse comuni, gran boom di Hiroshima, portiamo la croce, weekend a Ibiza, una
Lamborghini in garage e business as
usual, roghi di streghe e filosofi, l’Ecclesiaste
moderno cioè tutti come dicono le
sue suole di vento e chissenefrega di tutto, una botta al limite ogni tanto, e
party in piscina, e cocaina alle ragazzine e la fogna del pensiero di tutti eccetera eccetera lo sappiamo bene.
In cosa credono coloro che
credono di credere? In cosa credono coloro che credono nel niente?
Le risposte moltiplicano le
domande, nel ventre di una domanda più profonda rimbomba di Dio ben altra
effigie, potremmo dire, se non fossimo
coloro che dall’ inconoscibile abisso della sua assenza hanno preso a prestito più
di una maschera.
Quando si levò dal concilio degli dei dicendo: “ Io sono l’Unico Dio”,
gli altri dei morirono tutti dal ridere.
Ora noi vediamo che nell’eco di
questa risata si trascina il fantasma di Dio stesso. È una risata perenne come
un universo in espansione, che non conosce altro limite che la sua ombra di
solenne magnificente parodia; una
cosmica risata che si specchia nell’immensità
del dolore come nel suo motore immobile. È lo slancio vitale, élan vital della dépense nella non volontà che è potenza di tutte le volontà.
Ridiamo perché c’è la
peste, ridiamo perché non c’è la peste. Ridiamo fin dentro la morte perché
siamo vivi. Ridiamo perché l’eternità è qui e, anche se non sembra, detta persino la legge delle dissoluzione e
dell’oblio. Ridiamo perché Dio è morto di solitudine, ridiamo perché la vita non ha bisogno di simulacri della divina
assenza, ridiamo perché il Grande Testimone
dall’invisibile pronunci infine la sua benedizione
a noi altri del visibile. Ridiamo come
l’onda che proclama l’onnipotenza dell’azzurro e come la goccia che rende
possibile l’immensità del mare. Ridiamo finché la voce può dire ah, la coscienza
beh, la mente boh, l’anima sì.
Nessun commento:
Posta un commento